Buffalo Bill e gli Indiani è un film western statunitense del 1976, della durata di 123 minuti. Il regista è Robert Altman, autore di grandi capolavori e, al tempo, fresco vincitore della Palma d’oro per M*A*S*H. Nel film, Altman rielabora ed adatta l’opera teatrale di Arthur Kopit del 1969, Indians. Il protagonista è Paul Newman nei panni di Buffalo Bill, doppiato, nella versione italiana, dall’indimenticabile Gigi Proietti.
La trama
L’esploratore William Frederick Cody, detto Buffalo Bill (Paul Newman), sul finire del XIX secolo dirige lo spettacolo circense Wild West Show. Per la sua prossima performance, ingaggia un personaggio di eccezione: Toro Seduto (Frank Kaquitts), l’illustre capo dei nativi americani. L’intenzione è quella di rievocare la battaglia di Little Big Horn e ridicolizzare il mito del pellerossa, confermando la supremazia dell’uomo bianco sul selvaggio.
Tuttavia, Toro Seduto si oppone pretendendo una rappresentazione dei fatti più fedele alla realtà. La sua idea è quella di ricostruire gli episodi storici della sua tribù mettendo in luce il massacro degli indiani sioux, disarmati e innocenti.
Buffalo Bill si troverà così a confrontarsi con la dignità di un grande capo spirituale, da cui trarrà un’importante lezione di vita.
Considerazioni sul film
Buffalo Bill e gli Indiani si concentra su di un solo episodio legato alla storia e alla leggenda di Buffalo Bill. Attorno a lui infatti ruota una serie numerosa di personaggi e riferimenti, che possono confondere chi non ne conosce la storia. La regia, comunque, riesce a superare quest’ostacolo rendendo la trama comprensibile e avvincente anche per i profani del genere. Nonostante il film non si avvalga di particolari scene di azione, la narrazione risulta comunque coinvolgente ed intensa.
Altman utilizza il potere dell’evocazione storica stimolando la riflessione dello spettatore e discostandosi da una spettacolarizzazione di stampo prettamente hollywoodiano. Inoltre, il lauto budget di 6 milioni di dollari gli permette di ingaggiare delle icone dell’epoca, come Paul Newman e Burt Lancaster. Quest’ultimo, che veste i panni di Ned Buntline, lo scrittore che rese famoso il personaggio di Buffalo Bill, è stato annoverato dall’American Film Institute tra le venti più grandi star della storia del cinema. Altra presenza da citare è quella di Will Sampson, nel ruolo dell’indiano, attore famoso anche per la sua interpretazione di Capo Bromden nel film Qualcuno volò sul nido del cuculo.
La demitizzazione di Buffalo Bill
Uno dei meriti del film è quello di rovesciare la fama del personaggio di Cody e, con lui, le stigmatizzazioni e le distorsioni della realtà legate al mondo del Far West. Robert Altman riesce, con un sarcasmo bonario ma estremamente lucido, a ridimensionare il mito della supremazia dell’uomo bianco, bello, eroico e, manco a dirlo, americano. Buffalo Bill viene infatti dipinto come un uomo scorretto, insensibile e dedito solo ad appagare il pubblico per aumentare i suoi incassi. Al contrario, Toro Seduto appare un uomo di notevole profilo morale, pieno di dignità e votato al bene del suo popolo.
Lo stesso regista ha dichiarato: «A cosa servono i miti? A celare, giustificare, a fornire verità ufficiali. Muovendosi verso ovest, cavalcando i propri interessi, i pionieri avevano un solo obiettivo: far fuori gli occupanti di quelle terre. Tuttavia alle loro famiglie cosa raccontavano? Assalti, massacri, tradimenti? No! Insomma Buffalo Bill è uno che sa stare a cavallo e sparare come tutti ai suoi tempi, ed una volta scritturato come attore, bello, biondo ed americano, costruirgli addosso il mito risulta semplice». Questa retromarcia sul cliché hollywoodiano del pioniere del Far West regala una riflessione profonda sul rapporto tra realtà e rappresentazione. Il che rende Buffalo Bill e gli Indiani un film sicuramente di spessore, oltre che gradevole e ben costruito, tanto da meritarsi, nel 1976, l’Orso d’oro al Festival di Berlino.