Il ballo delle spiritate ci porta a scoprire una delle tradizioni folkloristiche italiane più discusse: il tarantismo. Nessuno prima di allora aveva mai portato sullo schermo questa pratica, se non in un documentario del 1959, diretto dall’antropologo Ernesto De Martino.
Il mockumentary ci porta in Puglia per scoprire le tradizioni e le radici più profonde di questa pratica tanto discussa, tra esorcismo e horror italiano, intriso di un folklore inedito e inquietante.
La trama de Il Ballo delle Spiritate
La troupe si reca in Puglia con lo scopo di scoprire tutti i segreti di un rito folkloristico della storia italiana, chiamato tarantismo. Un documentario antropologico culturale, che riporterà in vita un rito della cultura popolare pugliese che sembrava ormai dimenticato da oltre cinquant’anni.
Il cuore di questo progetto è lo psicologo antropologo Giulio De Santis, incaricato di analizzare uno dei miti più discussi della cultura popolare italiana. Il direttore del documentario è Luigi Boccia, che realizza un mockumentary davvero horror.
Il Ballo delle Spiritate ci porta a riscoprire uno degli esorcismi più diffusi nella cultura folkloristica italiana, attraverso una Puglia affascinante e inquietante. Cosa si nasconde dietro la tanto discussa pratica del tarantismo?
Che cos’è un Mockumentary
Con il termine Mockumentary si indica un “falso documentario”. Letteralmente Mock Documentary, “fare il verso (imitare) del documentario”.
Questo genere di regia sta prendendo molto piede nel genere horror. D’altronde, cosa c’è di più spaventoso della realtà?
Il punto forte di questo tipo di sceneggiatura è quello di presentare eventi finti proponendoli come reali. Ciò lascia il dubbio nel telespettatore se ciò che vede è reale o finto. E il dubbio crea un senso di ansia e angoscia crescente, rendendo l’horror qualcosa di davvero spaventoso.
Il tarantismo
Detto ciò, il tarantismo è davvero una pratica folkloristica italiana? Sì, esiste. Anche se gli eventi raccontati in Il Ballo delle Spiritate non sono tutti reali, la pratica è reale e legata alla tradizione dell’Italia meridionale, in particolare della zona del Salento.
La tradizione racconta il tarantismo come una malattia. La malattia si manifesta dopo il morso di un ragno, la Tarantola, appunto. La credenza popolare vuole che per liberarsi dal veleno del ragno bisogna ballare in modo forsennato, al ritmo della musica.
Il rito è molto antico. Tra le prime testimonianze troviamo un testo redatto nel 1362 con scritto: “coloro che sono morsi dalla tarantula traggono massimo diletto da questa e da quella musica”.
Il tarantismo si diffuse in tutta in Italia e moltissimi personaggi eccelsi ne parlarono. Anche Leonardo Da Vinci scrisse delle riflessioni a riguardo.
La malattia che venne descritta nel corso dei secoli affliggeva principalmente le donne, le quali cadevano in una sorta di trance, tra allucinazioni e spasmi. Spesso vennero descritte come “possedute”.
La ballata delle spirate: come liberarsi dal tarantismo
Se una donna veniva colpita da questa malattia vi era un vero e proprio rito da seguire per liberarla. Si trattava di un “esorcismo musicale”. Le malate, le “tarantate”, venivano poste su un lenzuolo bianco, nella stanza più buia della casa. Accanto a loro un cestino per le offerte e immagini di San Pietro e San Paolo.
La musica era la padrona del ritmo. Gli strumenti musicali utilizzati erano principalmente il violino, la fisarmonica e il tamburello. Iniziata la musica la tarantata iniziava a dimenarsi, fino a quando non riuscivano ad eliminare tutto il veleno e a guarire.
Ancora oggi pratichiamo questi balli, anche se quasi nessuno ricorda il rito del tarantismo. Sono la tarantella o la pizzica.