In a Dark Place Leelee Sobieski

In a Dark Place – Oscuri delitti

Cinque anni dopo di The Others e qualcuno prima di The Haunting of Bly Manor, l’ennesima trasposizione cinematografica di The Turn of the Screw. In a Dark Place è il primo lungometraggio di Donato Rotunno, accompagnato sul set dalla meravigliosa Leelee Sobieski (Deep Impact, Eyes Wide Shut…) nel ruolo dell’istitutrice.

I primi minuti della pellicola ingranano alla grande, tra un’ambientazione perfetta per un film horror e una recitazione davvero convincente. Rotunno riesce a far trasudare tutta la pellicola di una certa ambiguità, anche sessuale, che è in grado di mantenerci sull’attenti più del previsto. Tuttavia l’eccessiva canonicità dei topoi ambientali, la palese manifestazione dei vari jump-scare e il continuo ripetersi di percorsi non risolutivi, alla lunga stancano.

Tra flashback e narrazione volutamente confusa per farci credere qualcosa che non è, arriva l’epilogo, un po’ troppo tirato. Mettendo insieme tutti gli indizi che ci vengono proposti, infatti, il film è fin troppo pieno di possibili spiegazioni da avere un senso unico. Insomma, il troppo che stroppia, o forse che deve essere ancora capito…

Ma una cosa è più che chiara: In a Dark Place è decisamente perfetto per chi non ne ha mai abbastanza dei classici bei vecchi film sulle case infestate e i bambini indemoniati!

In a Dark Place
In a Dark Place, la locandina del film

In a Dark Place: la trama

Anna Veigh è una giovane insegnante d’arte con alle spalle un passato fatto di abusi e molestie fisiche. A rendere più difficile la sua condizione è il preside della scuola in cui lavora, che cerca in ogni maniera di circuirla. Ogni giorno è sempre più pesante del precedente ed Anna decide di dare una svolta alla sua vita, lasciando la scuola e la città.

Accetta un’offerta per fare da tata a due orfani, Miles e Flora, in una casa di campagna isolata da tutto e tutti. L’enorme villa, di proprietà dello zio dei bambini, è pressocché vuota: ad animarla solo i bambini e la governante, Miss Grose… ma sembra ci sia qualcun altro.

In pochissimo tempo, infatti, Anna si rende conto che forse non sono davvero da soli. Inizia a fare cupi incubi e ad avere sensazioni terrificanti, ma le preoccupazioni non finiscono lì. Nella libertà di uno zio assente, in viaggio di lavoro, i bambini si comportano in modo davvero strano, quasi diabolico. Anche la povera Anna comincia a dare segni di cedimento…

In a Dark Place Leelee Sobieski
In a Dark Place, Leelee Sobieski iterpreta l’istitutrice e convince pienamente. Ci vuole una certa capacità artistica a riprodurre dei grandi classici e lei ci riesce benissimo. In questo film dimostra di poter ricoprire ruoli maturi con piena convinzione.

L’ispirazione, Il giro di vite

The Turn of the Screw”, in italiano “Il giro di vite” è un racconto dell’orrore scritto da Henry James nel 1898 e divenuto ben presto un pilastro del genere gotico e sovrannaturale. Gli adattamenti, televisivi, radiofonici, musicali e a fumetti sono davvero tanti, e In a Dark Place rientra proprio tra questi.

E forse, non è nemmeno l’esempio meglio riuscito della lista. Il fascino de Il giro di vite è innegabile: la villa sperduta, i bambini, orfani dei genitori e non voluti dallo zio, i fantasmi che infestano persone e luoghi… Ha un suo perché. Il problema è riuscire a trasporla bene, senza incappare in rimandi ad altre opere simili.

In a Dark Place la villa
In a Dark Place, la villa a due piani infestata. Il classico topos ambientale della vecchia casa di campagna dimenticata da Dio e dagli uomini, ma non dai fantasmi. Canoniche le scelte di usare porte che si aprono, maniglie cigolanti e tende dietro le quali si intravedono delle presenze.

Specialmente perché tra le altre pellicole che ricordano il tema c’è anche il grande The Others, di Alejandro Amenábar con Nicole Kidman, girato appena 5 anni prima. Un altro adattamento molto famoso, anche se successivo al film, è quello di Netflix: The Haunting of Bly Manor.

Il primo film di Donato Rotunno

Girando In a Dark Place, Donato Rotunno, lussemburghese di origini italiane, è alle prese con il suo primo lungometraggio. Nonostante questo, la pellicola vince il premio come “miglior contributo artistico” al Lëtzebuerger Filmpräis del 2007.

Per fare il salto di qualità, però, deve aspettare il 2015 quando gira il suo secondo film, Baby (a)lone. Questo adattamento del romanzo “Amok”, viene scelto per rappresentare il Lussemburgo come “miglior film in lingua straniera” all’86sima edizione degli Academy Awards. Cinque anni dopo, un’alta sua pellicola viene nuovamente scelta per la rappresentanza nella stessa categoria: Io sto bene.

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