Un’isola inesplorata, situata tra l’Australia e la Nuova Guinea, in quel fazzoletto di Oceano Pacifico che si chiama “Triangolo della Morte”. Un’oasi incontaminata, dove vivono delle tribù primitive assetate di sangue. Un atollo da cui nessun esploratore è mai ritornato vivo… o quasi. È in questo angolo di paradiso, o meglio d’inferno, che si apre Jungle Virgin Force, con quello che sembra un documentario sugli indigeni. O meglio, sulle indigene che, però, non sono davvero nude, solo poco vestite.
Ci mette un po’ il film ad ingranare, ma in meno di dieci minuti viene svelata la vera natura: un film d’avventura in pieno stile anni ‘80 con tratti splatter molto marcati.
La doppia trama di Jungle Virgin Force
Il film si divide in due grandi filoni di trama che poi si andranno ad intrecciare, proprio come le liane che sembrano un elemento ricorrente di tutta la narrazione.
Da una parte abbiamo la narrazione di una faida, interna alla popolazione dell’isola, che scaturisce quando viene eletta regina una donna “caduta dal cielo” proprio come la profezia. Il Primo Sacerdote, potente fruitore di magia nera e cannibale all’occorrenza, decide quindi di prendere con sé tutti gli uomini. Dopo averli trasformarli in demoni, si autoproclama re, e comincia una caccia all’ex-regina.
D’altra parte troviamo un gruppo di studenti che decide di andare proprio su quell’isola per studiare il comportamento degli indigeni e, perché no, trovare anche il fantomatico tesoro. Nonostante i vari avvertimenti del loro professore, una sparatoria ed un rocambolesco incidente, i ragazzi sono determinati a portare a termine la loro avventura, appena agli inizi.
Ad aspettarli c’è un vecchio cacciatore che li condurrà attraverso quei territori ostili per cercare di farli sopravvivere. Ci riusciranno? Saranno in grado di tornare in due settimane all’aeroplano o moriranno tutti in maniera cruenta e dolorosa?
I clichè di Jungle Virgin Force e dei film anni 80
Jungle Virgin Force è un film uscito nell’88 e tutta la pellicola risente tantissimo del contesto storico. Nonostante sia stato girato in India, Le assassine nude di Giacarta potrebbe benissimo essere scambiato per un film occidentale.
Tra le amazzoni vestite con -poca- pelle di tigre, le liane usate come mezzo di trasporto, la magia rappresentata con sbuffi di vapore ed effetti glitterati, sembra di guardare un film italiano. Di quelli sulle tribù indigene dedite al cannibalismo e ai balletti senza un vero senso.
Anche la trama è abbastanza scontata e ricalcata: il professore che cerca di convincere gli studenti a non partire in realtà è l’unico sopravvissuto di una spedizione precedente. La donna caduta dal cielo è collegata con la guida che accompagna i ragazzi. Il cacciatore, guarda un po’, stava cercando sua figlia dispersa 10 anni prima durante un disastro aereo.
Insomma, niente di nuovo sotto il sole, ma un’ottima aggiunta al catalogo!
Perawan Rimba, l’originale
Il film originalmente si chiamava “Perawan Rimba” ed è stato girato nel 1983. Solo nel 1988 però viene distribuito sul mercato occidentale. L’audio è prevalentemente in inglese, tranne per il parlato degli indigeni, ed è stato sottotitolato in italiano.
Non essendo stato restaurato, sia l’audio che il video presentano delle imperfezioni che fanno molto vintage. L’audio originale riporta un fruscio costante, è vero, ma la maggior parte delle volte è praticamente impercettibile. No, non perché sia basso, ma perché il parlato e, soprattutto, le musiche, sono registrate a livelli tanto alti da sovrastarlo facilmente. Una nota di merito a tutti quegli effetti sonori messi per le scazzottate: puro stile anni 80!
Il film è girato in Widescreen 1.77:1 e ogni tanto si può vedere qualche graffietto, ma in generale niente di particolarmente intrusivo. Un vero colpo di fulmine sono gli arrangiamenti per gli effetti magici che non potevano certo mancare.
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